Il mio presepe è un arcobaleno:
ha un po’ di grandine e un po’ di sereno.
Ha sia la panna che la cioccolata,
ha la piscina per una nuotata.
C’è il giallo ocra che diventa blu,
c’è un ristorante senza menù,
c’è una farfalla e pure un bue
e le galline non sono più due.
Ha di pastori un bel gruppetto.
Se non mi sbaglio c’è un architetto.
Ci son cinesi e americani,
pisani, ebrei e musulmani.
I milanesi son quarantotto.
C’è un infermiere, c’è un poliziotto.
Ci son baroni e perfino un Re
che tutto il giorno beve caffè.
Ci sono fiori belli o sfioriti,
ci sono posti anche proibiti,
ci sono tutti i cartoni animati,
ci sono pure degli avvocati.
C’è un quartetto di sette persone,
c’è una carota e pure un bastone.
La pelle può esser di tutti i colori,
sembra dipinta da bravi pittori.
Puoi essere uomo, oppure donna,
o capitello ma anche colonna;
essere un padre davvero appagato
col tuo compagno di nome Renato.
Il mio presepe è un arcobaleno:
ci son pure “mai” e “perlomeno”.
C’è anche il conte ben dimezzato
e poi un ossimoro già contrariato.
C’è un nonsochè di luce astrale:
un po’ precisa, un po’ casuale.
Ma forse faccio confusione?
Il mio presepe è una canzone
che puoi cantare a squarciagola
senza mai dire una parola.
Che diavoleria sarà mai questa?
E’ del Natale la magica festa.